Cultweek

Pharaildis Van den Broeck, Andrea Kvas
e il colore intenso dell’identità

di Andrea Contin
15.10.2019

Ci sono artisti che concepiscono l’Arte, e
soprattutto il fare artistico, come un modo
per trovarsi completamente immersi nel
flusso indistinto che ferma, distorce e
rielabora il tempo, lo spazio, il corpo e il
pensiero. Ci sono artisti che non sono artisti
nel senso sociale del termine ma in
un’accezione meditativa, dove la meditazione
è appunto il flusso in cui ci si libera degli
orpelli identitari per diventare altro da sé,
messa in scena il cui fine è l’esistenza in
quanto tale e quindi assoluta.
Il mondo non è escluso da questo poderoso e
silenzioso flusso, anzi. Il mondo è la partenza,
il materiale percettivo e simbolico allo stesso
tempo che irrompe nel fare artistico per poi
sfumare in questioni elettive, più alte, astratte
nel senso di tirate fuori, distillate, vaporizzate.
Questo è il modo di Andrea Kvas, artista
giovane ma già dotato di sapiente maestria
pittorica, ed è stato il modo e lo spirito di
Pharaildis Van den Broeck, artista italo-belga
estremamente intensa, appassionata e
prolifica che, dopo aver vissuto il mondo del
fashion dalla fine degli anni Settanta, ha
prodotto in solitudine e in segreto una
sterminata quantità di opere, mai esposte o
vendute, tutte ancora contenute nello studio
milanese dove ha lavorato fino all’ultimo,
prima di lasciarci con inaspettato anticipo
cinque anni fa.

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